Ampio, luminoso e accogliente. Dotato di ogni comfort e in contesto signorile. Se ascoltate bene, potete sentire riecheggiare fra le sue mura i rimpianti per libri ancora da leggere e per film ancora da vedere. Prezzo da concordare. Chiamare ore pasti.
«La drammaticità di “America Latina” rimane sempre rinchiusa nella ristrettezza di un ambiente individuale. Il protagonista non indugia però in momenti riflessivi, perché la sua psicologia è tutta tesa verso l’esterno, in un’escalation progressiva e mortifera, creatrice di doppi e illusioni capaci di velare la visione e il pensiero della morte».
«I protagonisti di “E tutt’intorno il mare” definiscono i contorni del loro accaduto ponendosi in una tensione continua tra l’autoanalisi e la spiegazione di un non-luogo. Questo tentativo di esegesi dello spazio sacro è l’unico movimento del pensiero altrimenti reso immobile dal trauma vissuto».
«Rivalsa umana e liberazione animale si uniscono all’interno di “Capannone n. 8” in un unico e mastodontico gesto coraggioso: restituire dignità a un’intera specie».
«The Rental paga lo scotto di doversi confrontare sia coi grandi horror del passato (di cui forse vuole essere tributo) ma anche con le pellicole dell’ultimo periodo (si pensi a The Witch, Midsommar, Us ecc.) che possono essere riportate come esempio di una sperimentazione più “naturale” e coraggiosa».
«Qualsiasi tipo di vigilanza, su di sé e sul proprio corpo, è vietata durante il Supper Club, le ospiti possono ingurgitare quanto più possibile, riempirsi fino all’orlo e infiammarsi in questo sabba dell’abbondanza fino a perdere i sensi».
«Questo è il momento storico in cui politica e biologia sono indistinguibili: la sopravvivenza della specie diventa appannaggio dell’istituzione, una struttura che arriva a un livello di profondo dominio sull’individuo, stavolta perfettamente percepibile».
«Il lutto è la narrazione della morte che facciamo a noi stessi, scegliendo i toni e i ritmi con cui giustificare l’impensabile: l’esistenza che si esaurisce».
«L’aura di segretezza, l’esperienza della visione, l’appropriazione di una trama e l’accumulo di svariate inquadrature sono i primi assaggi di una delle più dolci e innocue delle dipendenze: la cinefilia».
«Distruggendo completamente l’utopia di una perfetta coincidenza tra visibile e dicibile, il cinema del dissenso fonda lo spazio di un confronto nuovo, riuscendo a schierarsi anche contro i “buoni propositi e le giuste cause”».
«Per certi versi il cinema è l’arte dell’identificazione, una macchina creatrice di immagini che inducono a porre questioni trasversali, che vadano oltre alla pura e semplice godibilità di un testo visivo: ebbene, Favolacce non ne è un esempio».
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