Città eterna, 1991. La formazione classica mi ha donato una sorta di feticismo per le parole: me ne innamoro, dichiaro loro guerra, ne percepisco ribellione e potenza. Non credo nel concetto di identità, o almeno questo è quello che dicono le Altre dentro di me. Tutto ciò che orbita attorno alla comunicazione cattura il mio interesse, ma l’unica Dea che venero è la poesia. Di notte non cercarmi, capita che mi perda tra le increspature del cielo.
«Attraverso Tamara, Mannelli indaga gli effetti delle rappresentazioni della TV commerciale, che in parte restituiscono la verità, seppur aumentata, dei meccanismi umani comuni e in parte influenzano quegli stessi meccanismi in chi li guarda».
«Per Marta l’unica alternativa possibile per far accadere finalmente la vita è quella di prendersi carico dei frammenti rotti e provare a ricomporli, diventando il collante di un cuore familiare che ha ancora a disposizione qualche battito».
«L’obiettivo della protagonista, pagina dopo pagina, diventa la ricerca di un doppiofondo, un di-più umbratile che avanza dalle parole dello psichiatra: è lecito affondare le mani direttamente nell’inconscio dei pazienti sub-limine, al di sotto della loro soglia razionale, alterando intenzionalmente la loro percezione del reale? Sembra il trucco di un prestigiatore, un incantesimo che sconfina il campo sicuro della scienza: conquistare la fiducia dell’altro e poi distrarlo da sé».
«“Cora nella spirale” è un libro soffocante, rivelatore, commovente e spietato. È uno specchio rotto che, tra i frammenti, rivela la nostra immagine scomposta».
«La bellezza del film sgorga dai tratti somatici dei due giovani attori protagonisti che, grazie alle frequenti inquadrature strette, esprimono il senso della crescita come fioritura in mezzo all’asfalto: improvvisa vita dal niente».
«In “Anna” la pandemia è solo un pretesto, un artificio retorico che gioca a favore di una narrazione che vuole dire altro: quando tutte le leggi conosciute vengono meno, cosa accade all’animo umano?»
«Tribes of Europa mette al centro il concetto di Europa nella sua veste politica di Unione, potenza pacificatrice che, per contrasto, si rivela nel momento della sua morte».
«L’accettazione del cambiamento avviene sempre attraverso un processo diacronico, che si nutre del tempo, che mette in discussione il perimetro entro cui ci si riconosceva nel mondo, e approda alla realizzazione di una perdita».
«Con una scrittura godibilissima, sperimentale e poetica, così densa da divenire trama stessa, l’autrice delinea nel libro la propria dolorosa esperienza autobiografica, attraverso un gioco di luci e ombre che rende il racconto tridimensionale».
«La raccolta di Zadie Smith rivela l’esigenza di comprendere il privilegio che ci circonda, di assumere consapevolezza della poca capacità di contrastarlo quando spetta a noi subirlo, e ancor meno quando siamo noi a detenerlo».
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