Un viaggio ai limiti del possibile

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A dicembre è uscito per Moscabianca edizioni Il sentiero di Drew Magary, prima pubblicazione della casa editrice di un testo in lingua straniera. La scelta non sembra casuale. Il sentiero, romanzo del 2016, racchiude in sé alcune delle tematiche già ampiamente esplorate da Moscabianca, come il rapporto con il diverso o il contatto con una dimensione “altra”.

Il libro parte da una premessa semplice: Ben, un uomo di trentotto anni, arriva in Pennsylvania per un viaggio d’affari. Giunto con largo anticipo in hotel, decide di fare una breve escursione nei boschi adiacenti la struttura. Durante la camminata, però, perde qualunque punto di riferimento e si ritrova catapultato in un altro mondo, popolato da strani individui, forze magiche e creature di ogni genere – da misteriosi assassini a giganti, da non-morti fino a un granchio parlante. L’impostazione del racconto risente della tradizione favolistica e fiabesca, e ne mischia le caratteristiche: il protagonista incontra mostri (fiaba), animali parlanti (favola) e personaggi sopra le righe, secondo un ordine che sembra non presentare apparentemente alcun legame. Si parla ovviamente di una favola/fiaba molto cruda, dai toni più adulti, in cui la morte, la sofferenza e la violenza sono temi viscerali e onnipresenti.

Il viaggio di Ben si svolge lungo un sentiero, percorso prestabilito che non si fa semplice metafora, ma diventa luogo visibile e concreto. Finché seguirà il sentiero, il protagonista non potrà morire. Il suo obiettivo è trovare il Produttore, una figura misteriosa e sfuggente, creatrice della realtà in cui si trova vincolato.

Ne Il sentiero non si può parlare di un vero e proprio worldbuilding. Come accennato prima, Ben si trova a vivere situazioni che sembrano non avere una connessione tra loro, e il mondo stesso presenta elementi troppo distanti per essere realisticamente collegabili. Il viaggio del protagonista assume perciò dei risvolti allucinati, al limite del delirio. A riportarlo con i piedi per terra c’è però il ricordo della famiglia, e il timore di non poter rivedere le loro facce.

Il libro, nei primi capitoli, fatica a ingranare: eccezion fatta per un paio di avvenimenti – la comparsa degli uomini con la faccia da cane su tutte – non si riscontrano scelte particolarmente originali. La questione non riguarda tanto l’utilizzo di topoi già esplorati da altre opere – perché tutta la letteratura si sorregge su archetipi in grado di essere reinventati all’infinito – ma a mancare è l’appetibilità di determinate scelte. Scene come la comparsa del granchio parlante, personaggio molto rilevante nella storia, non risultano inizialmente molto avvincenti. Vedere un granchio esprimersi con la stessa sintassi di un camionista del Montana, per quanto divertente, potrebbe all’inizio far storcere un po’ il naso. Il motivo risiede nell’utilizzo di un escamotage comico troppo repentino, che entra in collisione con i toni gravi adottati nei primi capitoli.

Proseguendo con il romanzo, però, le situazioni si diversificano, spingendosi al limite e diventando sempre più grottesche e lisergiche. Arrivati a questo punto della storia, le scelte dei primi capitoli si caricano dunque di senso, e ci rendiamo conto che quest’opera non somiglia a tanti altri romanzi weird di ultima generazione. Il sentiero è un libro strano, in tutto e per tutto. Le vicende, le situazioni, gli atteggiamenti di alcuni personaggi, compreso Ben, assumono un significato che non va rintracciato tanto in una dimensione fisica, quanto piuttosto psichica. Tutto ciò che Ben ritrova sul sentiero non è ingiustificato, né tantomeno sconosciuto: briciole del suo passato riaffiorano scena dopo scena tramite flashback che vanno a comporre un ampio quadro d’insieme. Il cammino di Ben assume quindi sempre più le fattezze di un viaggio onirico, e le paure e i traumi si concretizzano affinché il protagonista si trovi nella situazione di non poterli più evitare: sembra il frutto di un bad trip che diventa realtà (e da queste considerazioni si capisce anche come Ben possa passare con facilità dal mare alla montagna, da un castello ultratecnologico a una distesa deserta, per arrivare fino a una città disabitata).

Per godersi il libro appieno è quindi necessario evitare di cercare punti di contatto con la nostra realtà, qualcosa di credibile a cui appendersi, perché non se ne troveranno. L’unico modo è fidarsi di ciò che avviene tra le pagine del romanzo, perché le risposte arriveranno da sé. Molto accattivante è poi la rappresentazione del sentiero stesso. Il viaggio di Ben si svolge lungo luoghi diversi, dalla terra al mare, al cielo e alla montagna, e il sentiero si adatta a ognuno di essi: due scie nell’aria, due file di alghe fosforescenti sulla superficie dell’acqua, fino alla più classica strada in terra battuta.

Il romanzo di Drew Magary è l’analisi di un viaggio che trascende i limiti del possibile, un’esperienza in cui gli input provenienti dalla realtà si mescolano alle forze magiche per creare una versione scollegata e distorta del mondo, culminando in un epilogo dove il lettore – e il protagonista – troveranno le risposte alle loro domande, fino a rimanere spiazzati da un colpo di scena che ha il peso di una cannonata nel petto.