La memoria come antidoto al silenzio

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Nella casa dei tuoi sogni abita un fantasma. Non sei in grado di vederlo, lo percepisci a intermittenza, fughe lucide temporanee, ma non te ne capaciti perché quella è la casa dei tuoi sogni, ed è impossibile che accolga presenze altre. Eppure, nella casa dei tuoi sogni abita un fantasma. Quando il sogno diventa incubo, è perché ci stiamo svegliando?

Nella casa dei tuoi sogni è prima di tutto una metafora, un’architettura complessa della memoria fatta di stanze costruite e demolite, talvolta cielo, talvolta prigione. L’opera, scritta da Carmen Maria Machado, autrice americana di origine cubana, e pubblicata lo scorso settembre da Codice Edizioni, è un potente memoir che ritrae i contorni di una relazione d’amore inquinata dall’abuso psicologico.

Con una scrittura godibilissima, sperimentale e poetica, così densa da divenire trama stessa, l’autrice delinea nel libro la propria dolorosa esperienza autobiografica, attraverso un gioco di luci e ombre che rende il racconto tridimensionale. L’intera narrazione è pervasa da un sentimento peculiare che Machado chiama «angoscia della minoranza»; l’oggetto del libro – il sogno che si fa incubo – è, infatti, la storia di una coppia omosessuale, il racconto di una relazione abusiva appartenente all’universo queer.

Attraverso i luoghi della memoria, l’opera muove dalla sfera individuale, il racconto del proprio rapporto di coppia, fino al terreno dell’universale, con il disvelamento di un non-detto collettivo. L’opera si configura, in questo senso, come tentativo di definizione di un esistente arbitrariamente taciuto: essere una donna, e una donna lesbica, abusata da un’altra donna. A partire dalla definizione di archivio, dal greco ἀρχεῖον (la “casa di chi regna”), Machado ci consegna il punto di vista degli esclusi, di coloro che hanno subìto un «atto politico, dettato dall’archivista e dal contesto politico in cui vive», che ha deciso di estromettere alcune storie dalla narrazione dominante. La mancata rappresentatività di tutte le voci esistenti, provoca «lacune in cui ci sono persone sempre invisibili e che non trovano informazioni su di sé. Buchi che rendono impossibile attribuirsi un contesto. Crepe che inghiottono tanta gente. Silenzio impenetrabile». Come fare, dunque, a «indirizzare la nostra conservazione di documenti verso una pratica equa?». Machado, con quest’opera, offre il proprio contributo alla causa:

«Io inserisco nell’archivio il fatto che l’abuso domestico tra partner che condividono un’identità di genere è possibile e non insolito, e che può somigliare a qualcosa di simile a questo. Io parlo dentro il silenzio. Getto la pietra della mia storia dentro un immenso crepaccio. E il rumore esiguo che rimanda mi dà la misura del vuoto».

Grazie all’operazione messa in atto dall’autrice, finalmente le parole riemergono e diventano traccia, solco profondo che le generazioni gender-nonconforming future potranno calpestare; Machado trova nuove forme di espressione per dare visibilità e rilevanza a una realtà, quella della violenza domestica queer, in particolare nelle relazioni tra donne, spesso minimizzata o ignorata. Le fonti su questo specifico tipo di abuso, infatti, sono eloquentemente scarse: non per assenza di materiale o di storie vissute in prima persona, ma per un radicato stereotipo di fondo, per una volontà – talvolta della stessa comunità di appartenenza – di non vedere e di non far vedere. È proprio qui che germoglia quell’angoscia della minoranza poco prima nominata: «Se non sei attento, qualcuno vedrà te mentre fai qualcosa di umano e lo userà contro di te. L’ironia della sorte, ovviamente, è che le persone queer hanno bisogno di buona pubblicità: per lottare a favore di diritti che non abbiamo, e per tenerci stretti quelli che abbiamo. […] Non è una provocazione dire che le persone ai margini devono essere migliori di quelle iscritte nella normalità, che hanno il doppio da dimostrare. Quando cerchi di far vedere alla gente la tua umanità, riveli proprio questo: la tua umanità. La tua natura fondamentalmente problematica».

Dal punto di vista stilistico, l’autrice sperimenta forme di narrazione innovative e coinvolgenti: il memoir/casa basa le sue fondamenta su capitoli/stanze incorniciati sempre dalla stessa formula iniziale: “La casa dei tuoi sogni come Romanzo D’amore”, “La casa dei tuoi sogni come Presagio”, “La casa dei tuoi sogni come Relitto”, “La casa dei tuoi sogni come Ricordo” e così via. Una delle stanze, “La casa dei tuoi sogni come Scegli la tua avventura” offre scenari alternativi della storia, giocando con il lettore – anzi la lettrice, perché è il genere femminile che Machado predilige per riferirsi a chi posa lo sguardo sulle sue parole – che, in una sorta di labirinto narrativo, si identifica in Carmen stessa, con il compito di operare scelte che reindirizzeranno a esiti/pagine differenti.

Il pronome personale che la scrittrice utilizza per testimoniare il proprio vissuto è il tu, come se la Carmen di oggi si rivolgesse direttamente alla Carmen di ieri producendo un effetto di straniamento che, paradossalmente, si rivela propedeutico alla riappropriazione del sé. Ricordare a volte è simile a un atto di resurrezione, è un balsamo curativo che lenisce le ferite, che riempie le crepe e tenta di riallineare le intime spaccature provocate dalla sofferenza.

Machado racconta la propria relazione mescolando gli sconvolgimenti emotivi del passato, rivissuti nella dimensione del ricordo, con le nuove consapevolezze attuali, descrivendo la sensazione di impotenza di fronte a una complicità amorosa che pian piano va tramutandosi in abuso psicologico. L’autrice ci rende spettatori di un’attrazione che cambia natura, da erotica a coercitiva, all’interno della quale nessuna via d’uscita sembra percorribile.

A ciò, rivela Machado con lucidità, si aggiunge lo stigma della coppia omosessuale che secondo l’opinione collettiva è immune da qualsiasi forma di violenza. È qui che subentra prepotente la dinamica dell’abuso psicologico, perfettamente legale perché privo di conseguenze tangibili, di lividi chiamati a testimoniare davanti al banco della retorica diffusa, del giudizio secondo cui, se si vuole, ci si può liberare da un legame prevaricatorio in ogni momento. Basterebbe varcare la porta e non tornare più. Se fosse così facile. Ma quella porta, Carmen, non la vede. È tutto muro intorno a lei.

La luce strana di un mattino, un evento esterno e il caso, d’improvviso, potrebbero rendere meno solide le pareti, allentare la morsa della gelosia e della rabbia immotivata. Tornare a respirare.

Al di là della trama, il cui nudo svolgimento lascio assaporare a chi deciderà di intraprendere il gusto della lettura, ciò che l’opera di Machado lascia addosso, attraverso una scrittura allegorica e perturbante, è l’importanza di una rappresentazione inclusiva: del corpo, della sessualità, della fallacia dei comportamenti umani. A prescindere dal genere a noi conforme e dell’orientamento sessuale che prediligiamo, infatti, nella casa dei sogni di ognuno di noi abita un fantasma contro cui lottare.  

Pagina dopo pagina, il memoir allunga il nostro sguardo oltre i tabù, disegnando l’orizzonte di un universo governato da leggi paritarie e regolato dall’unico comune denominatore in grado di definirci tutti: l’umanità.