La quotidianità del paranormale

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È sempre un piacere rivedere la coppia Simon Pegg e Nick Frost sullo schermo, piccolo o grande che sia. Accoppiati in origine dal regista Edgar Wright nella Trilogia del cornetto (L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, La fine del mondo), son divenuti icone della commedia weird. Truth Seekers non fa eccezione al genere e i due attori, che di questo progetto sono stati ideatori e sceneggiatori, sembrano ancora avere dentro di loro lo spirito di Wright, che aleggia come un fantasma per tutta la serie.

Truth Seekers racconta le vicende di Gus Roberts (Nick Frost), un tecnico che lavora per Smyle, azienda numero uno in Gran Bretagna nel settore delle telecomunicazioni e della tecnologia 6G. Il suo capo Dave (Simon Pegg), nonché direttore della Smyle, gli affida un nuovo assistente tirocinante dal nome bizzarro: Elton John (Samson Kayo). Elton viene ben presto a conoscenza dell’attività parallela di Gus come ghost hunter attraverso il suo canale YouTube Truth Seekers. I due impegni – l’attività di tecnico e quella di cacciatore di fantasmi – vanno spesso a coincidere, e dove l’esperto di telecomunicazioni viene chiamato è sempre il ghost hunter a risolvere il problema. Nel corso di queste indagini soprannaturali, i due operatori della Smyle conosceranno Astrid (Emma D’Arcy), una giovane ragazza fuggita da un ospedale abbandonato e perseguitata dagli spiriti. A brillare nel cast è inoltre Malcom McDowell che, nel ruolo del burbero suocero di Gus, risulta forse il personaggio più simpatico della serie, così come Susie Wokoma, la sorella agorafobica e nerd di Elton.

Tratto distintivo della serie è la sua capacità di proiettare, o più che altro catapultare, lo spettatore nel mondo fantasmatico senza colpo ferire. A parte il giovane Elton John, il resto dei personaggi sembra infatti trovarsi a proprio agio dentro ambienti dominati dagli spettri. In effetti, l’obiettivo della serie non è spaventare il pubblico, ma piuttosto tenerlo incollato allo schermo fino alla soluzione del caso. Un po’ come un Dylan Dog privato delle pulsioni di vita e di morte, o una puntata di X-Files condita con humor inglese.

Sono questi due elementi – la quotidianità del soprannaturale e la comicità britannica – a rappresentare lo spirito di Wright, che infesta la serie. È evidente che i due attori abbiano fatto propria la lezione del regista: raccontare eventi ordinari, di poca importanza e patetici, sconvolgendoli con improvvisi risvolti paranormali. Osservata da questa prospettiva l’intera Trilogia del cornetto segue tale regola, ma mentre nei film lo sconvolgimento arriva sempre a metà pellicola, in Truth Seekers l’apparente normalità non regge neanche metà puntata. Quello che rimane immutabile sono i personaggi. Gus resta un nerd eccentrico e incasinato, nonostante sia un abile cacciatore di fantasmi, e neanche gli altri sembrano particolarmente sensibili alle vicende di cui sono protagonisti.

Ogni puntata rivela però un tassello di un puzzle più ampio e inquietante. Con una linea narrativa verticale, nel corso delle otto puntate, la serie non lascia niente al caso. Tutto è collegato al Dr. Peter Toynbee (Julian Barratt) e a un oscuro manoscritto con il quale è possibile raggiungere Eternis, una sorta di paradiso che esige il prezzo di molte anime per aprire le porte (o almeno così ha letto Toynbee su un tomo del XVII secolo, scritto col sangue e impaginato su pelle da eretici occultisti). Anche l’antagonista risente dello spirito generale della serie – o, volendo leggerlo come un difetto, di una scrittura frettolosa. Infatti, non rappresenta un vero ostacolo per i protagonisti se non verso le ultime puntate, in cui comunque non sembra discostarsi dal comun denominatore di mediocrità che accomuna tutti i personaggi. Resterebbe però in tutto e per tutto una scelta coerente se voluta: il fatto che il cattivo – nonostante la totale assenza di scrupoli o empatia, la calma calcolatrice e le conoscenze fuori dal comune – si riveli un idiota al pari di tutti gli altri crea solo ulteriore ilarità.

La serie, inoltre, gioca e sfrutta vari richiami all’attualità, con i quali tenta con successo di svecchiare il genere dei racconti di fantasmi. Nel mondo di Truth Seekers si dà per valida una connessione tra il mondo ectoplasmatico e i fenomeni elettromagnetici: i fantasmi sono anime che non riescono a raggiungere la porta per l’Aldilà, spesso per interferenze sprigionate dai ripetitori o dai modem wi-fi; viene quindi spontaneo pensare a un’azienda di telecomunicazione che si occupi anche di paranormale. Il 6G è quella strizzata d’occhio grazie a cui lo spettatore non può ammettere che l’idea di base, in fondo, sia parzialmente riuscita.

Come un acchiappafantasmi è a contatto tanto con il mondo dei vivi quanto con quello dei morti, così Truth Seekers è sia un tributo che una rivisitazione del genere, sperimentando nuove e vecchie strutture ma nel complesso uscendone dignitosamente, come una serie carica di humor inglese e di tutto rispetto.