L’amore immaginato per una Manic Pixie Dream Girl senza prefazione
In una delle scene più famose di quel gioiello indie che è 500 Days of Summer (il titolo italiano, 500 giorni insieme, purtroppo non restituisce la sfaccettata complessità dell’originale), Tom Hansen, un giovane Joseph Gordon-Levitt dallo sguardo perso e gentile, sta ascoltando i The Smiths in ascensore quando Summer – un’ipnotica Zooey Deschanel nel ruolo che l’ha consegnata definitivamente alla fama – comincia a canticchiare la melodia appena percettibile dagli auricolari di lui. Giorno 1. Per altri 499 Tom e Summer (che ha un nome ma non un cognome) si conoscono, si innamorano e si lasciano di fronte ai nostri occhi, in un racconto non lineare che balza avanti e indietro nel tempo. 500 Days of Summer racconta la nostra incapacità di riconoscerci incompatibili di fronte all’amore, e il nostro desiderio di “riscrivere” chi amiamo per poterci cullare nella solitudine dell’abbandono. L’estate dell’amore, con la sua trascinante sregolatezza e smania, lascia spazio all’autunno, un luogo dell’anima dove tornare e riconoscersi e forse imparare ad amare senza protagonismi.
Luca Tosi, classe 1990, ci racconta cosa succede all’amore immaginato nel suo esordio Ragazza senza prefazione (TerraRossa Edizioni, 2022). La storia segue le goffe coreografie amorose del suo immaginativo protagonista: «Mi chiamo Marcello Travaglini, c’ho ventisette anni e mi sento in gabbia». Marcello ha la psoriasi, vive con i genitori, non ha un lavoro ed è innamorato. Lei, di cui non ci è dato sapere nemmeno il nome, è eterea e irraggiungibile. È proprio l’esplorazione del rapporto con questa identità paradigmatica il nucleo centrale del romanzo: l’autore non vuole mascherare l’assurdità di una relazione incompleta, proprio perché narrata da un solo punto di vista, e usa l’artificio della memoria per indagare le fallacie del nostro vivere le relazioni e delle aspettative romantiche che paralizzano la ragione.
La storia alterna un presente dai contorni pruriginosi alla memoria – quasi un onirico flashback –, e accompagna i passi impacciati di Marcello fra le giornate ripetitive a Santarcangelo di Romagna, cittadina nella provincia emiliana dove tutti i suoi amici sono ormai immersi nella routine coniugale, il conflitto con i genitori e il suo amore per una ragazza di cui conosce pochi dettagli: «so solo che ha due anni meno di me, e che le piacciono le mandorle salate e tostate, e che è nata a San Mauro Pascoli».
Laureato e disoccupato, Marcello ci restituisce un quadro ironico ma dolorosamente realistico di una generazione precaria in costante conflitto con le aspettative sociali e famigliari: «“non c’hai un lavoro, non c’hai la fidanzata, e fumi?” mi dicono i miei», genitori che vivono immersi in un presente irrealistico e ormai remoto, ma a tratti incarnano il coro greco che rammenta al protagonista il suo stesso privilegio. Un conflitto generazionale che non si può risolvere, perché entrambe le parti non riconoscono il fallimento delle premesse con cui sono cresciute: «Mia mamma, commessa da Tigotà, una vita a trotterellare per le corsie, e mio babbo disossa le carni chiuso al fresco nella macelleria. Hanno la terza media e vorrebbero insegnarmi a vivere.» si lamenta Marcello, testardamente deciso a negare il sacrificio parentale che, pur nella sua pedante miopia, provvede all’arrendevolezza annoiata dei suoi trent’anni.
«E in mezzo a ‘sta sofferenza c’è Lei, nella mia testa», già da questa introduzione si può cogliere la natura fantasmagorica del viaggio di Marcello, l’escapismo sentimentale di un millennial dal presente incerto e frustrante e un’identità frammentata. Il suo è un amore-evasione, una fuga fra le pieghe di un sentimento dai contorni così aleatori da prestarsi alla fantasticheria più radicale.
Lei è una creatura angelicata, una Manic Pixie Dream Girl (in brevissimo: personaggio tratteggiato solo parzialmente, dall’aspetto femminile e delicato e una personalità non convenzionale), esile e sfuggente, scostante, che per la natura superficiale della loro relazione si presta al revisionismo necessario a Marcello per riscrivere l’amore: «Erano anni, che la puntavo, che ce l’avevo in testa, però, ecco, non mi ero mai adoperato in nessun modo». Marcello e Lei si conoscono già, frequentano altre persone, poi entrambi tornano single. E come in ogni narrazione che ruota attorno al desiderio inarrivabile per la Manic Pixie Dream Girl, veniamo catapultati come guardoni sul sedile di un’auto, in un appartamento universitario, fra le pieghe dell’immaginazione di Marcello che riempie i silenzi e crea aspettative. Non sappiamo chi Lei sia, ma già dalle prime battute riconosciamo inconciliabili il suo agire e ciò che Marcello legge fra le righe.
È lui il nostro narratore, la voce che per l’intero romanzo descrive la realtà, ma è proprio questa inattendibilità che rende l’esordio di Tosi così originale: come un romantico Tom Hansen o un sarcastico Holden Caulfield, l’autore ha saputo investire Marcello di un’aura di affidabilità, per poi rivelare organicamente la sua versione contraddittoria e problematica, dove l’indefessa fedeltà non richiesta, tanto cara all’ideale romantico – «Una del master mi faceva la punta, voleva sempre far qualcosa con me. Però, per rimaner fedele a Lei, all’impegno preso: picche» –, si mostra in tutta la sua fallacia retorica. La loro relazione esiste solo in absentia.
«Per quanto l’ho pensata, e per quanto la penso ancora, potrei dire che ci sto insieme. Siamo io e Lei, nella mia testa. Una coppia, tipo. Una convivenza mentale coi suoi alti e bassi, ma litigate mai. A me così può star bene, devo dire, che a vedere Giorgio o i miei, essere una coppia che convive, nel lungo periodo, è una grana. Io, mi evito un sacco di scocciature. Siamo io e Lei, senza di Lei». Marcello, in fondo, non ha bisogno della realtà, perché nel suo mondo ideale la relazione con Lei non appassirà mai, non gli richiederà mai lo sforzo del quotidiano; sarà sempre l’attesa dell’amore, un viaggio in macchina fino a Venezia, un prepararsi alla felicità. Senza macchia e senza compromessi.
Ogni luogo è investito della magia di Lei, ogni avvenimento è un caposaldo dell’amore immaginato, una narrazione in cui Marcello è unico protagonista indiscusso, e pur nella sua insicurezza e nei suoi dubbi, detiene l’agency.
«Magari anche Lei sta con me, nella sua testa, senza di me. Boh. Più probabile che stia senza di me anche nella sua testa», ma in fondo non conta. Che Lei lo ami o meno, a questo punto, è un dettaglio marginale: basta che, nella testa di lui, si lasci amare.
Forse in un orizzonte di progressivo disgregarsi delle prospettive e messa in discussione dei paradigmi relazionali “tradizionali”, le auto-narrazioni sono gli unici spazi sicuri in cui sperimentare. Quello della fantasia è un percorso terapeutico: «Però, c’è una cosa a volte nei libri che le ragazze non hanno, Lei di sicuro non ce l’aveva: la prefazione. Quelle frasi che ti avvisano di un po’ di cose in anticipo, così scegli se andare avanti a leggere, o cambiare libro. L’avessi avuta, con Lei, una prefazione, avrei saputo prima a cosa sarei andato incontro. O è stato meglio senza?»; in mancanza di un presente solido e incontrovertibile, il potere di creare ci restituisce la linfa del futuro, un immaginarsi altri, immaginarsi altrove.
I libri, d’altronde, sono per Marcello organismi viventi dotati di poteri taumaturgici e trasformativi: «Per uno o due giorni ragiono con la testa del libro, o di chi l’ha scritto, e ho l’impressione di capire i miei pensieri. E sento degli scricchiolii, dentro la testa. Mi accorgo di aspetti, come dire, invisibili». Inequivocabile il richiamo a Il giovane Holden di J.D. Salinger, la sua «infanzia schifa» e quel bisogno di raccontare per non abbandonarsi alla sventura e all’incomunicabilità del dolore.
Raccontare significa soprattutto esistere in una dimensione dove non ci si deve arrendere al compromesso, dove la frustrazione di un rifiuto può essere rielaborata in un racconto complesso, contestualizzata e metabolizzata, in cui non esiste un tempo giusto per diventare adulti e ci si può cullare nell’illusione del tempo e delle possibilità illimitate.
Marcello non si nasconde, non si indigna e non si considera una vittima, perché a prescindere dal finale, l’amore per Lei lo culla e lo riempie dello stesso senso di potenzialità dei libri che ama. Seppur marginalmente, Tosi affronta una questione pruriginosa, quella del consenso, che conclude la ricostruzione di quei giorni insieme: Lei non vuole quello che vuole lui, e va bene così, perché anche nella delusione dell’incompatibilità Marcello rimane ancorato all’ideale d’amore, che gli interessa più di tutto. Anche se solo nelle battute finali della loro danza, le vengono finalmente riconosciute una volontà e una complessità spesso negate alla donna agognata, a cui viene solo concesso di sottomettersi all’amore implacabile di lui.
Ciò che colpisce maggiormente di questo romanzo breve, ironico ma fortemente radicato nel presente, è la capacità di Tosi di intessere in una trama all’apparenza lineare diversi piani di lettura: Lei è certamente l’oggetto di un’infatuazione imbellettata dalla noia e la frustrazione, ma è anche un realistico confrontarsi con lo spazio della provincia e il desiderio di evasione, dove l’amore assolve il compito di emancipare il protagonista da un presente frustrante e un futuro vacuo. A tratti Lei impersona quasi un deus ex machina cinematografico, un motore di avviamento, un’occasione di senso e di ritorno. Amare Lei vuol dire prima di tutto immaginarsi differente e immaginarsi altrove, parlare di un sé possibile e di un sentimento amoroso come viatico di rispecchiamento, un reciproco vedersi, forse perduti e impantanati, ma soprattutto come esseri umani in potenza nel reame delle infinite possibilità.
Perché la questione non è tanto chi sia Lei senza Marcello, ma chi sia davvero Marcello Travaglini: «ma tu, cosa vorresti davvero?» gli domanda il padre, e lui sembra saper rispondere solo dopo, quando è Lei a chiedergli cosa voglia da una relazione: «Voglio andare in verticale, dentro una persona, anziché in orizzontale e spargermi sulla moltitudine». Se all’amore corrisponde la vita, quella persona, da scoprire, accarezzare, sviscerare, in cui immergersi non è Lei, ma Lui stesso.
