MARVIN COPERTINA ARTICOLO

Mendacia poetarum serviunt veritati

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Atlantide ha da poco pubblicato L’eclisse di Laken Cottle, ultima creazione di Tiffany McDaniel. Già nota per romanzi come L’estate che sciolse ogni cosa e Il caos da cui veniamo, McDaniel torna a impressionare il lettore nello stile riconoscibile di una scrittrice ormai di culto.

Una densa oscurità di origine ignota inizia ad avvolgere l’Antartide, espandendosi con inarrestabile costanza fino a ricoprire il nostro piccolo e incredulo mondo. Nel frattempo, un uomo cerca disperatamente di tornare a casa dalla sua famiglia: il suo nome è Laken Cottle. Difficile per Laken, quasi impossibile, ritrovare la strada. Fin dal principio, l’autrice rende ardua l’impresa al protagonista, come compiacendosi di incastrare storie e sottotrame in armonia con il passato di Laken, cresciuto in una famiglia che ha sempre dispensato storie incantatrici.

L’introduzione del romanzo è affidata a un importante flashback in cui alla madre di Laken, ancora giovane, viene predetto il futuro. Mamma Heaven è una misteriosa figura che, quando Laken è ancora un bambino, esce di casa per scomparire in un destino che era già stato predetto da una donna misteriosa, la zingara d’autunno. Qui, il tempo della narrazione viene sospeso e la storia diventa per un attimo veritiera; i piani temporali del romanzo si mescolano e non è sempre chiaro se Laken racconti o meno la verità. Durante il colloquio tra la zingara d’autunno, che percorre l’America nel suo furgone e predice il futuro qua e là, e la giovane Heaven, il tempo si fa misterico, come il vecchio rituale di un mondo andato. Il padre, dal canto suo, presto seguirà le orme della moglie, morendo anche lui. Insomma, per Laken l’infanzia non è delle più comuni né delle più felici. Ancora piccolo, viene affidato alle cure della prozia Ireland (si conferma il gusto di McDaniel per nomi neanche lontanamente sognati dalla gente comune), uno dei tanti personaggi che sembrano la causa di un disagio crescente al fondo del cuore di Laken, di cui il lettore saprà qualcosa solo più avanti.

Al momento in cui l’oscurità inizia ad avvolgere la terra, lo scrittore Laken Cottle si trova in California. Le notizie sul buio lo preoccupano e decide di tornare a casa. Di nuovo nel presente e lontano dal flashback intorno alla storia della madre, Laken si trova su un aereo diretto a New York, ma il lettore potrebbe nutrire scetticismo. Come una vittima che protegge sé stessa dagli stupri della vita inventando spesso bugie, così Laken ammucchia storie su storie rendendo inverosimile tutto ciò che dice.

L’autrice dà particolare rilevanza al tema dell’eclisse. La luna è il satellite che, metaforicamente, altera le percezioni dell’uomo: celando il suo lato oscuro, nasconde potenzialità che potrebbero conferire, parafrasando King, un particolare luccichio sensoriale. Quando però lo mostra o si interpone tra il sole e la terra, il buio che genera ammalia e spaventa allo stesso tempo.

L’oscurità che Laken deve affrontare non è quella contro cui combatte il resto del mondo, ma una corsa contro il tempo per raggiungere New York, dove la moglie, Pearl, e la figlia, Ruby, lo attendono, mentre il buio non accenna a retrocedere.

Sull’aereo, un uomo di nome Israel, che indossa una maschera a forma di sole, dialoga con lui. È solo il primo di una lunga serie di personaggi strambi che inducono Laken a fidarsi solo delle sue percezioni, altrettanto strambe. Mentre l’eclisse inizia a oscurare anche la sua mente.

«Salve a tutti, questo è Dio che parla». La voce di un uomo tuona dagli altoparlanti. «Oh, merda, vi sto solo mungendo il cazzo». L’uomo ride di gusto. Quella risata ricorda a Laken il tonfo delle pietre che cadono in acqua. «Questo non è Dio,» continua l’uomo, «non ci vado nemmeno vicino. Sono il vostro pilota. Siamo solo inciampati su un arcobaleno ostile, e la nostra ala destra si è un po’ ammaccata. Proverò a far atterrare questo coso nell’aeroporto più vicino, ma diavolo, non posso promettervi niente».

L’aereo precipita nel nulla, di lui nessuna traccia, ma Laken è vivo e si ritrova su un terreno ignoto e si accorge che la cinghia della sua borsa di cuoio gli è stata cucita addosso.

I personaggi sparsi lungo il romanzo hanno l’apparenza di matriosche che racchiudono dentro di sé sfaccettature proteiformi. Le loro parole ammaliano Laken distraendolo dal percorso e rallentando l’arrivo a casa, alludendo spesso a zone oscure del suo passato che il protagonista ha rimosso più o meno volontariamente; proprio come la luna, tali personaggi non appaiono quasi mai veritieri, ma, al momento opportuno, svelano un lato della loro persona fino a quel momento nascosto che porta Laken a ricostruire il puzzle della sua vita ogni volta con una tessera in più. Dopotutto, come scritto in epigrafe, Chi racconta le storie governa il mondo. Resta da capire di quale mondo si tratti.

L’affidabilità delle loro parole dipende dall’interpretazione che ne dà Laken, sottratto alla lucidità nel lungo e faticoso viaggio verso casa, un viaggio costellato di figure insidiose come quelle che abitano il fantomatico Paese degli dèi. Qui, Laken entra in un ristorante chiamato La tavola calda della signorina Autunno, pieno di streghe guerriere intente a pranzare. Un oscuro fattucchiere di nome Timmons gli propone di rimuovere i punti di sutura dalla sua spalla con un alligatore di nome Apollo, ma la mascella di Apollo si spezza. L’intervento di Timmons non porta ad alcuna soluzione e Laken si rimette in viaggio; alle sue spalle, il Paese degli dèi è scomparso.

Quando riesce finalmente a telefonare a casa, le voci di Pearl e Ruby gli suonano confuse e Laken è incapace di ricostruire quello che sta succedendo: in realtà, Laken inizia a sovrapporre la realtà che si racconta con quella realmente accaduta. Tra l’altro, l’uomo dai capelli arcobaleno gli riferisce di aver letto su un necrologio della morte di sua moglie e sua figlia, ma Laken stenta a crederci e accusa l’uomo di mentirgli.

Il libro conferma la permeabilità di McDaniel alla variazione, pur con alcuni imprevisti dirottamenti verso un genere che suona, a un certo punto del romanzo, come un revival dello Stephen King anni ’80. Ciononostante, si apprezza la sua essenza camaleontica; la costante dei suoi lavori rimane un’autenticità che non sacrifica niente di quella gamma che attinge, stavolta, ai recessi più bui dell’animo e senza sconti di possibili ripercussioni sulla serenità del lettore.

Si può parlare di amplesso con l’oscurità nel momento in cui Laken realizza col suo inconscio un’unione tra una realtà artefatta e una fantasia che appare più vera della normalità, perché depositaria delle violenze su un uomo che non ha saputo scindere il buio dalla luce e ne ha mischiato i caratteri. Una fantasia turbata dagli abusi e dalle menzogne dell’infanzia, palesate con tecniche da thriller che separano la conclusione della storia da un principio e uno svolgimento ben costruiti; Laken Cottle declina i propri sensi di colpa in una serie di storie inventate per placare anni di angosciosa solitudine, giungendo a scoprirsi un abilissimo scrittore di anormalità.

Il romanzo concentra la sua densità su quello che ognuno di noi può diventare, se solo mostrasse un lato tenuto a lungo nascosto o sommerso da storie e bugie. Le storie, in fondo, sono menzogne che il poeta inventa per raccontare la verità. Proprio come nelle storie di Laken Cottle, le bugie pian piano si sgretolano, lasciando vedere la propria reale consistenza, quella di un uomo che non ha mai fatto i conti con la sua oscurità.

Sempre impegnato nella sua via del ritorno, Laken incontra, infine, il Re Sole, che indossa la stessa maschera di Israel sull’aereo diretto a New York. Grazie alla luce che emana, il Re Sole trapassa la consistenza di Laken e lo riporta a quel passato in cui Pearl e Ruby non appartenevano alla sua fantasia. La parte finale del romanzo sembra accelerare verso la rivelazione su chi sia realmente Laken Cottle, dando però l’impressione al lettore di uno ‘spiegone’ che contrasta con la narrazione raccontata prima, in cui i dettagli e i particolari del romanzo erano sfaccettati e sfumati in mille categorie diverse di personaggi.

«Hai unito realtà e fantasia. Le vittime come te hanno una tendenza: trasformano la negazione nel loro miglior amico, e la verità diventa una sconosciuta. Te lo ricordi, vero? Il giorno in cui incontrasti la donna che avresti voluto come moglie e la bambina che avresti voluto come figlia. Ricorda, ora, Laken».