La rivista

Once upon a time, in nazi-occupied Rome
«“Freaks out” è un signor prodotto, a suo modo coraggioso e di certo ben confezionato, costretto però a girare a marce basse a causa di una sceneggiatura non all’altezza. A contrapporsi a un ottimo antagonista troviamo dei supereroi con forse pochi superproblemi, ma sicuramente in grado di svolgere il proprio lavoro: quello di scartavetrare fottuti nazisti».

La scuola cattolica, un mese dopo
«È tutto qui (almeno all’inizio): perché il maschio stupra? Albinati se lo chiede proprio in quanto maschio che è e fa la società; il film invece evita il singolo, la narrazione di Mordini è bulimica di un noi colpevolmente inscindibile».

Nina sull’argine: un cantiere aperto
«L’espressione “cantiere aperto” si usa spesso in senso figurato per rappresentare una ricerca in divenire, per dare l’idea di un’opera in costante aggiornamento. Leggendo “Nina sull’argine” si ha invece l’impressione di essere davvero, fisicamente, in un cantiere, con progetti, scavi, gru e operai».

Midnight Mass: il sonno della ragione genera mostri (e occasionalmente anche angeli)
«In “Midnight Mass” la creatura misteriosa, così come l’intero elemento horrorifico, rimane uno strumento per intavolare una riflessione sulla fede e sulla mancanza della stessa, sul fanatismo, sulla ragione e i suoi limiti, ma soprattutto sull’ancestrale paura della morte».

Fuoco cammina con lei
«Bisogna accettare che alle definizioni, alcune volte, ci si può solo andare vicino».

Il bagliore prima della scomparsa
«D’Andrea lo dice chiaramente: senza vita non esisterebbe la morte, senza origine non ci sarebbe una fine, senza mondo e materia non ci sarebbe poesia».

Favole, Dèi e Uomini
«“I miei stupidi intenti” intenti si propone come una favola antropologica, in cui Archy e Solomon capovolgono il punto di vista: l’uomo e il suo Dio sono due forme da indagare – oltre la paura che provocano – come guardiani del tesoro più grande».

Anatomie cosmiche
«Non esiste alcuna separazione tra mente e corpo, nessuna tra corpo e universo. La consolazione ultima arriva quando osservando l’immenso ci sorprendiamo nello scoprire che l’immenso non è troppo diverso da noi».

L’utopia infranta e la pazienza del coltello
«L’autore sembra mostrarci come l’allontanamento dalle maglie opprimenti della società contemporanea non sia sufficiente per liberarsi dal suo condizionamento profondo: il panopticon, da cui i protagonisti credono di sfuggire abbandonando la società dei consumi, si ripresenta a Cala Bruja, perché la prigione non è nei luoghi, ma nelle relazioni».

Mondocane, una distopia del nostro tempo
«La bellezza del film sgorga dai tratti somatici dei due giovani attori protagonisti che, grazie alle frequenti inquadrature strette, esprimono il senso della crescita come fioritura in mezzo all’asfalto: improvvisa vita dal niente».