Un allegro nichilismo cosmico è il secondo volume della collana I Tardigradi di Eris edizioni, con sottotitolo Nuova Biblioteca del Fantastico. Fantastico, no?
Di fantascienza, weird e simili ne so davvero pochissimo (forse giusto un po’ di realismo magico): di Dick non ho letto nulla se non la biografia scritta da Carrère, non guardo i film horror perché non mi piace aver paura e il fantasy proprio non mi va giù; quindi, perché son incappata in questa novella? Il motivo è l’autore: per chi, come me, è legato a quell’animale mitologico ormai estinto che è Gorilla Sapiens Edizioni, vedere nuovamente alle stampe Alessandro Sesto è davvero un piacere.
Sesto ha pubblicato per la sopracitata le raccolte Moby Dick e altri racconti brevi, Lascia stare il la maggiore che lo ha già usato Beethoven e il romanzo L’Occupazione, che, come la maggior parte della produzione della casa editrice che «ha abbandonato il campo» (di eufemismi simili potete trovare sul loro sito un’esaustiva lista), ha uno stile attento e imbevuto di efficace ironia.
Per questa nobile motivazione, mi sono avvicinata alla storia di Nicolas, un trentaduenne dalla vita svagata «come quella degli adolescenti d’estate», che si ritrova circondato da una serie di personaggi troppo – ma troppo – reali per essere verosimili, con apri-fila un commerciante di quadri la cui vera attività sarebbe quella di «ipnotizzare gli uomini di potere per determinare i destini del mondo». Insieme agli amici Daria e Andrea, Nicolas si lascia travolgere nelle vicende di quest’uomo (il dubbio che siano in verità proiezioni ipnotiche aleggerà per tutto il volume), incrociando agenti segreti americani e cartomanti rumene dalla mandibola squadrata.
Il racconto è denso di avvenimenti, Nicolas ciondola in giro per varie città e, rispettando i canoni del protagonista sprovveduto, si ritrova in mezzo a una faccenda molto più grande di lui, una guerra fra due, tanto simboliche quanto reali, forze opposte: quella magica, primitiva, con ai vertici i capi dell’occulto, e quella razionale e individualista, guidata da chi ha dato il via a numerose guerre in nome della democrazia: gli americani (qui in una rappresentazione satiricamente e comicamente riuscita).
Lo spirito con cui il protagonista affronta questa vicenda è il punto di forza del racconto: privo di qualsiasi guizzo di audacia, ignora la parabola dell’eroe che scopre il suo coraggio e le sue capacità a metà dell’avventura. Nicolas, infatti, crede (o finge di credere) a tutte le storie che gli vengono raccontate o smentite «per comodità», asseconda le istruzioni che lo guideranno verso una serie continua di episodi peculiari perché, come afferma, «non avendo il problema della sopravvivenza né obiettivi di alcun tipo, un po’ tutto quello che facevamo era intrattenimento, credo», con in fondo l’unico obiettivo dall’eco generazionale di allontanare la noia.
La trama è la cornice fantastica che permette al volume di inserirsi a pieno nella collana, ed è anche un perfetto terreno per la comicità di Sesto, che continua a essere carattere distintivo delle sue produzioni. Il testo ne è intriso, assumendo forme di ironia o satira e trovando puntuale compimento nella scrittura stereotipata dei personaggi e delle culture di provenienza, così come, ad esempio nelle digressioni parossistiche sulla pretesa della canzone Maracaibo di sorprendere l’ascoltatore o sui fidanzati di Daria:
«Passammo un’altra mezz’ora a sparlare dei due uomini che Daria stava frequentando. Uno era bello e abbastanza simpatico, lo chiamavamo Inuit, che era il diminutivo di quello che dice che gli Inuit hanno tante parole che significano neve, anche se in realtà lo aveva detto solo una volta, ed era il migliore dei due. L’altro infatti era meno bello e meno simpatico, e lo chiamavamo Comfort, diminutivo di quello che dice che la vita inizia alla fine della tua zona di comfort. Anche lui a essere onesti lo aveva detto una volta sola».
In queste scarse ottanta pagine la carne al fuoco è tanta, quasi troppa («un’espressione odiosa, ma tutte le espressioni sono odiose»): di personaggi ne abbiamo molti e sembrano a volte convivere un po’ sgomitando, come i clown nello sketch che li vede stipati dentro una piccola Cinquecento. Con la sua rappresentazione decisa, vivida e quasi macchiettistica, Sesto riesce a non farceli perdere di vista in mezzo alla confusione; il lettore corre però il rischio di uscirne un po’ sopraffatto e col fiato corto (probabilmente anche per le risate).
Non è semplice dare alle stampe queste produzioni – il rischio che vengano tacciate di frivolezza o inconsistenza è alto. Tuttavia l’editoria, con i suoi lettori e le lettrici, ha un gran bisogno di libri dotati di acuta vena umoristica, che riportano, senza guardarsi troppo l’ombelico, la contemporaneità con leggerezza. Non citerò qui Calvino, ma non è un caso se nelle Lezioni Americane, nella parte dedicata alla leggerezza venga citato Rabelais, il cui mastodontico Gargantua e Pantagruele ha trovato casa, in un’edizione illustrata, proprio nella stessa Gorilla Sapiens prima che questa «deponesse le armi».

Libera professionista dall’identità confusa. Marvin è il primo progetto sopravvissuto al mostro della procrastinazione che difende l’uscita del suo cervello. Ha la speranza che si indebolirà con l’età, ma non può giurarlo.